Rebel Moon

Rebel Moon

Titolo originale:
Rebel Moon
Part one: A child of fire

Lingua originale: inglese, ASL
Paese: USA
Anno: 2023
Regia: Zack Snyder
Sceneggiatura: Zack Snyder,Shay Hatten, Kurt Johnstad
Produttore: Zack Snyder, er, Wesley Coller, Eric Newman, Deborah Snyder
Casa di produzione: Grand Electric, The Stone Quarry
Trasmissione ITA: Netflix

Interpreti e personaggi

Sofia Boutella: Kora
Michiel Huisman: Gunnar
Charlie Hunnam: Kai
Djimon Hounsou: Generale Titus
Staz Nair: Tarak Decimus
Doona Bae: Nemesis
Ray Fisher: Darrien Bloodaxe

 

Cleopatra Coleman: Devra Bloodaxe
E. Duffy: Millius
Jena Malone: Harmada
Ed Skrein: Atticus Noble
Fra Fee: Balisarius
Ingvar Eggert Sigurðsson: Hagen

di Gabriele Manenti

Nulla di nuovo sul fronte occidentale… Snyder non si discosta neanche un millimetro da quel canone che noi tutti associamo alle “space opera” chiare le ispirazioni ad Asimov, Dune, Blade Runner ed altro, ovviamente pur non essendo un prodotto scadente, non ci si avvicina minimamente.
La storia inizia con un contesto rurale dove la voce narrante descrive un universo governato da un brutale totalitarismo, un potere feudale corrotto in un mondo governato “dai mille re” fino all’insurrezione con il conseguente sterminio della casa reale e l’ affermarsi di un “regime dispotico”.
Su una luna , una comunità di contadini che professano il “vero lavoro a mani nude” festeggiano il raccolto in una grande festa ma vengono interrotti dall’ arrivo di un’astronave dell’ impero, costituito dopo la caduta dei regnanti, che occupano con la violenza le loro terre. Kora (Sofia Boutella), un membro di alto rango di quello stesso esercito, si è nascosta in quella comunità dopo la diserzione ma da li a poco non riesce a sopportare tutto quel male e quella violenza e decide di radunare una squadra di combattenti da tutta la galassia per proteggere la sua patria adottiva. (magnifici 7 portami via…)

Boutella interpreta una personaggio molto forte e arcigno ma capace di esprimere fragilità e fascino e i punti forti della pellicola finiscono qui, il resto della crew non è assolutamente presentata ed integrata a dovere nella storia, sembrano capitati sul suo percorso, anche se la storia ci racconta altro;

il lavoro di Snyder è sotto tono, una sceneggiatura banalotta e raffazzonata, una storia annacquata che non rispetta i presupposti iniziali e nemmeno le riprese “alla Snyder” e le immagini di battaglia al rallentatore che non sono mai all’altezza di Watchmen, Justice League o Sucker Punch danno un po’ di brio al tutto.

Originariamente presentato come progetto per una nuova trilogia di Guerre Stellari, e non considerato, è una fievole copia di quest’ultimo ma non del tutto da scartare, il cast, la fotografia e le atmosfere che fanno parte della nostra cultura fantascientifica ne fanno comunque un prodotto gradevole, se mai faranno il seguito vale la pena dargli una possibilità.

The Marvels

The Marvels

Titolo originale:
The Marvels

Paese: USA
Anno: 2023
Regia: Nia Da Costa
Sceneggiatura: Nia DaCosta, Megan McDonnell, Elissa Karasik
Produttore: Kevin Feige
Casa di produzione: Marvel Studios
Trasmissione ITA: Sky Atlantic

Interpreti e personaggi

Brie Larson: Carol Danvers / Captain Marvel
Teyonah Parris: Monica Rambeau
Iman Vellani: Kamala Khan / Ms. Marvel

 

Zawe Ashton: Dar-Benn
Gary Lewis: Imperatore Dro’ge
Park Seo-joon: Principe Yan

di Gabriele Manenti

Carol Danvers più umana di quello che ci si aspettasse, in questa pellicola fa i conti con se stessa e le conseguenze delle sue azioni sul pianeta Hala, ovvero la distruzione della Suprema IA che lo governava.

Il pianeta sta morendo e spinge la brava ma poco credibile controparte Dar-Benn, interpretata da Zawe Ashton, sopravvissuta alla guerra civile Kree a cercare nuovo sostentamento rubando “l’essenza” di pianeti vicini tra i quali la nuova casa dei Skrull… che tanto per cambiare saranno vessati ancora una volta, né Carol Danvers né Nick Fury faranno qualcosa di concreto e veramente definitivo per loro.

Questa è la storia in back ground, mentre in “superficie” si dipanano oltre a quella di Capitan Marvel anche quelle delle altre due protagoniste che portano avanti, seppur in maniera slegata e a volte caotica le proprie story line per degli epiloghi, dopo i titoli di coda, molto importanti.
Monica Rambeau (Teyonah Parris) è brillante e audace come sempre e Ms. Marvel (Iman Vellani) ruba prevedibilmente la scena con lunghe e godibili sequenze action e quella capacita sopratutto mimica di farti ridere e sorridere, e ricordiamolo i fumetti servono anche a questo.

Il più grande punto di forza di The Marvels è sicuramente l’ensemble, ma la comicità è al secondo posto un team-up per fermare un piano di vendetta intergalattico, una principessa disney (più di questo non dico) una famiglia strampalata, il mentore Nick Fury e la mascotte, direi che come “dotazione” standard siamo più che a posto.

Personalmente accetto che ci siano delle parti narrative leggere e a volte stupide, ma in questo film andiamo un po’ oltre, la storia è sempliciotta e i puzzle narrativi paralleli sono strani, sciocchi o superflui, se non inutili.
Non parlo di flop ma si è andati ben lontani da quello che poteva essere il vero senso della pellicola, un episodio di una sitcom con quel non so che di imbarazzo che ti fa stare li fino alla fine per vedere dove ci si spinge e quale limite si son posti sceneggiatori e regista.

Black Adam

Black Adam

Titolo originale:
Black Adam

Lingua originale: inglese
Paese: USA
Anno: 2022
Durata: 125 min
Regia: Jaume Collet-Serra
Sceneggiatura: Rory Haines, Sohrab Noshirvani, Adam Sztykiel
Casa di prod.: DC Films, New Line Cinema, Warner Bros. Pictures
Distrib. (Italia): Warner Bros.

Interpreti e personaggi

Dwayne Johnson: Teth-Adam / Black Adam
Aldis Hodge: Carter Hall / Hawkman
Noah Centineo: Albert “Al” Rothstein / Atom Smasher
Sarah Shahi: Adrianna Tomaz
Marwan Kenzari: Ishmael Gregor / Sabbac / Re Ahk-Ton
Quintessa Swindell: Maxine Hunkell / Cyclone
Pierce Brosnan: Kent Nelson / Dottor Fate

 

Gabriel Chavarria: predicatore
Steve Zahn: Scimmia cattiva
Judy Greer: Cornelia
Terry Notary: Rocket
Roger R. Cross: capitano

di Gabriele Manenti

Dwayne “The Rock” Johnson interpreta un potente campione dell’antichità che ritorna nel presente con un atteggiamento ben lontano dagli eroi che conosciamo;
Black Adam, il cui vero nome è Teth-Adam è un uomo dell’Antico Egitto ridotto in schiavitù, scelto (?) dal mago Shazam come suo campione a cui conferisce grandi poteri per diventare paladino degli oppressi.
Ma il suo cuore oscurato dalla vendetta non è puro e per questo lo stesso mago per punizione lo imprigiona per millenni fino a quando, liberato fortuitamente da dei mortali, deve confrontarsi con i supereroi del presente per capire che sono le nobili azioni e il sacrificio a fare di un uomo un eroe.

 

L’intero film sembra essere stato realizzato qualche decennio fa, prima dell’età d’oro dei film supereroistici come Il cavaliere oscuro o Iron Man, risulta goffo e abbozzato come un “Hulk di Eric Bana” o un “The Punisher” (non quello con Dolph Lundgren mi raccomando!).
Il cattivo di turno è insipido e l’eroe “anti eroe” è più ottusamente spettacolare che caratterizzato, un opaco riflesso di quello che è in realtà il personaggio della carta stampata.

 

Johnson interpreta Black Adam in maniera granitica e imponente come dovrebbe essere ma mancante di quelle sfacettature che lo caratterizzano, che in un film delle origini dove vi sono dei comprimari come Dottor Fate, Hawkman, Atom Smasher e Cyclone più personaggi di contorno e un villain insipido non hanno trovato la giusta collocazione.

Come si dice: il “troppo storpia”!?

Le premesse c’erano tutte, la serie a fumetti della JSA (Justice Society of America) con Black Adam è una delle più belle ed interessanti della DC, in quanto mostrava come il suo senso della giustizia, molte volte brutale e senza vie di mezzo, facesse rivalutare anche agli eroi più integerrimi il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Questo film che non si rifà a quei fumetti cerca comunque di riproporre quel tema e di fatto, “la moralità dei supereroi” è il fulcro della storia: eroi e cattivi, bene e male, ma queste tematiche sfociano nel qualunquismo e il vero protagonista della pellicola è “Capitan Ovvio”.

La personalità magnetica di Johnson non basta a far stare a galla questa pellicola che risulta frettolosa nella narrazione e piena di scene d’azione ripetitive, banali e visivamente troppo caotiche per poi indugiare sui stravaganti modi brutali che il protagonista adotta nelle sue “distratte” esecuzioni e ammettiamolo, avere 10 minuti di “un dio che uccide persone mortali con fulmini e saette” è abbastanza noioso anche per un “fumettone su pellicola”, per fortuna le scene d’azione degli altri eroi compensano la noia del resto.

A mio giudizio un’occasione mancata, l’ennesima per casa DC, i fasti di Man of Steel e la Snyder’s Cut hanno abituato il nostro palato a ben altro e ne vogliamo ancora; “Meh! Adam” è un freddo antipasto che vogliamo scordare subito aspettando una pietanza più succosa.

 

 

Maze Runner – Il labirinto

Maze Runner – Il labirinto

Titolo originale:
The Maze Runner

Lingua originale: inglese
Paese: USA
Anno: 2014
Durata: 114 min
Regia: Wes Ball
Sceneggiatura: James Dashner, Noah Oppenheim, T.S. Nowlin, Grant Pierce Myers
Casa di prod.: 20th Century Fox, Gotham Group
Distrib. (Italia): 20th Century Fox

Interpreti e personaggi

Dylan O’Brien: Thomas
Kaya Scodelario: Teresa
Will Poulter: Gally
Thomas Brodie-Sangster: Newt
Patricia Clarkson: Ava Paige
Ki Hong Lee: Minho

 

Aml Ameen: Alby
Don McManus: Uomo mascherato
Joe Adler: Zart
Blake Cooper: Chuck
Jacob Latimore: Jeff

di Gabriele Manenti

La vicenda si svolge in un quadratino d’erba con qualche alberello al centro di un enorme labirinto con pareti enormi e antiche come il tempo stesso; al suo interno vi è un piccolo villaggio di ragazzi che vivono da soli alla mercè della natura in maniera autonoma, o quasi. A intervalli non bene definiti una specie di ascensore, effettivamente un montacarichi, situato nel campo manda loro dei rifornimenti, e ogni tanto trasporta un ragazzo sedato che si aggiunge alla comunità.

Oltre alle semplici mansioni di sussistenza per il villaggio vi è una stretta cerchia di ragazzi denominati Corridori che hanno il compito di mappare il labirinto durante la giornata prima che alla sera esso si chiuda e cambi aspetto, nella speranza di trovare una via di uscita. Ovviamente un giorno la scatola trasporta un ragazzo che stravolgerà l’ordine costituito.
A mio avviso uno dei film più ammiccanti a successi o meno degli ultimi anni, vittima di un filone troppo osteggiato dalle major che tentano, invano a mio modesto parere, di competere con le avventure di Katniss e company narrate da Susan Collins nei suoi best seller. Maze Runner è un becero mix di storie e situazioni già viste, futuro distopico con l’intera umanità distrutta o asservita a non si sa bene quale forza, ragazzi che da piccoli guerrieri crescono prima del tempo, mostri fighissimi alla Doom, insomma un “Il Signore delle Mosche” a cui manca la sua profondità, una sceneggiatura che ostenta un malinconico senso di abbandono alla Lost e una fortissima influenza di “The Village” di Shyamalan dove lo status quo è preferito per immobilismo e assoluta sopraffazione dei ragazzi al male invisibile, ragazzi che preferiscono crearsi un paradiso in cui rifugiarsi e nascondersi dai pericoli che il labirinto cela. Buona la fotografia, il villaggio, il labirinto e le sue pareti rese così antiche, il senso di onnipotenza che il labirinto stesso suggerisce sono le uniche note positive di questa pellicola che lentamente e con pochissimi guizzi porta ad un epilogo che non svela nulla se non porre altri inutili quesiti; non può competere con l’osannato Hunger Games, e persino Divergent risulta un prodotto migliore. •

pubblicato su Fantazone n° 30 – marzo 2015

Wonder Woman, film

Wonder Woman, film

Titolo originale: Wonder Woman

Lingua originale: inglese
Paese: USA
Anno: 2017
Durata: 141 min
Regia: Patty Jenkins
Sceneggiatura: Allan Heinberg
Produttore: Zack Snyder, Deborah Snyder, Richard Suckle, Charles Roven
Casa di prod.: Warner Bros. Pictures, Cruel and Unusual Films, DC Entertainment, Dune Entertainment, Atlas Entertainment, Tencent Pictures, Wanda Pictures
Distrib. (Italia): Warner Bros. Pictures

Interpreti e personaggi

Gal Gadot: Diana Prince / Wonder Woman
Chris Pine: Steve Trevor
Robin Wright: Generale Antiope
David Thewlis: Ares / Sir Patrick Morgan
Danny Huston: Gen. Erich Ludendorff
Elena Anaya: Isabel Maru / Dottor Poison

 

Connie Nielsen: Regina Ippolita
Lucy Davis: Etta Candy
Saïd Taghmaoui: Sameer
Ewen Bremner: Charlie
Eugene Brave Rock: Il Capo
Lisa Loven Kongsli: Menalippe

di Tiziana Privitera

Il primo giudizio che mi viene in mente pensando a Wonder Woman è che è un bel film, che supera egregiamente il debutto cinematografico di questa supereroina targata DC. Chi, come me, è però cresciuto con l’icona Lynda Carter e si appresta a vedere questa Wonder Woman deve assolutamente scindere le due incarnazioni, altrimenti si corre il rischio di non “comprendere” il personaggio cinematografico e di non riuscire ad apprezzarne la storia.
Nel contesto del film infatti la Wonder Woman che tutti noi probabilmente abbiamo in mente è ancora in via di formazione (del resto veniva presentata così nella prima stagione della serie televisiva che qui in Italia è rimasta inedita fino al 2012 offuscando in pratica la genesi del personaggio); il suo nome da supereroina infatti non viene pronunciato neppure una volta ed anche il costume non è quello “a stelle e strisce” da sempre associato alla bandiera americana.
Detto questo il film è un misto di ironia e potenza visiva che ben si equilibrano. Diana alla scoperta del mondo al di fuori della sua isola ed i tentativi di adattarsi alla vita dei comuni mortali sono a tratti esilaranti, così come di sicuro impatto scenico sono le scene di lotta, dagli allenamenti delle amazzoni, alle battaglie contro le truppe naziste, fino allo scontro titanico con Ares (che magari scegliere un attore un po’ più cazzuto e meno stile nonno per poi vestirlo con un’armatura che neanche i Cavalieri dello Zodiaco, forse avrebbe giovato, ma va bè…).
E poi c’è lei! Gal Gadot è assolutamente perfetta, magistrale in qualsiasi scena, dialogo, o combattimento; assolutamente credibile sia come Diana Prince, sia come Wonder Woman. Anche il generalmente sciupafemmine Chris Pine se la cava bene come spalla della supereroina ed è anche per questo ribaltamento dei ruoli maschio/femmina, per altro con un’alchimia ben riuscita e mai artificiosa, che il film regge.
In conclusione Wonder Woman è un bel film, da vedere e che fa ben sperare per futuri sequel e/o apparizioni della nostra supereroina nel mondo della, per ora in effetti un po’ maschilista, DC Comics cinematografica. •

pubblicato su Fantazone n° 36 – agosto 2017

L’ultima spiaggia

L’ultima spiaggia

Titolo originale:
On the beach

Lingua originale: inglese

1° ed ORIGINALE.: 1957

1° ed. ITALIANA : 1959

Autore: Nevil Shute

Editore IT: Sugar Editore

di Siro Sanvito

Se alla maggioranza degli appassionati di fantascienza legati a questo genere si dovesse chiedere quale autore è responsabile di questa scelta risponderebbe Asimov, Heinlein, Dick, Verne o qualcun altro che mi sfugge. Il sottoscritto all’età di 12 anni si è appassionato al genere leggendo “L’Ultima spiaggia” romanzo di Nevil Shute scritto nell’ormai lontano  1957, la prima edizione italiana è del 1959. Vabbè la maggioranza non saprà neanche di cosa sto parlando ma vi assicuro che uscendo dal mondo di Sandokan e le sue tigri leggere questo libro è stata una folgorazione.

La terza guerra mondiale ha devastato l’emisfero settentrionale del pianeta. La guerra è stata scatenata dalle piccole potenze atomiche (Albania ed Egitto) che hanno provocato la reazione delle superpotenze. Gli ultimi sopravvissuti sono confinati nell’emisfero australe, in Argentina, Cile, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda, ma il tempo loro rimasto è breve. Il fallout radioattivo sta lentamente scendendo da nord, uccidendo qualsiasi essere vivente, in breve tempo la Terra sarà deserta.
Il governo ha distribuito delle pillole agli abitanti per affrettare la morte quando le sofferenze da radiazioni diventano insopportabili. Un’atmosfera di rassegnazione regna sugli ultimi mesi dell’umanità. Una dopo l’altra le città australiane soccombono alla nube radioattiva e le persone cercano di passare questo periodo come se tutto fosse normale.
Il Tenente Holmes della Regia Marina Australiana ben conscio della fine vicina tenta in tutti i modi di passare il poco tempo rimasto vicino alla moglie e alla figlia, partecipando al “Gran Premio d’Australia” con una Ferrari rossa fiammante dove tutti i concorrenti corrono letteralmente incontro alla morte, preferendo questa fine a quella fra atroci sofferenze dovute all’inquinamento da radiazioni.
I tentativi di normalità sono però vani quando gli viene ordinato di salpare assieme al capitano Dwight Towers, comandante a bordo sottomarino americano Scorpion, rifugiatosi nel porto di Melbourne dopo la fine della guerra.
Sono inviati in missione negli Stati Uniti da dove proviene un misterioso segnale, che farebbe pensare ad alcuni sopravvissuti. Towers è legato a una giovane donna, Moira Davidson, con cui vivrà una breve ma platonica storia d’amore, rimanendo fedele alla moglie e alla famiglia perduta in America.
La missione è fallimentare, negli Stati Uniti nessuno è rimasto in vita, il misterioso segnale è automatico, Holmes e Tower tornano a Melbourne dove le persone iniziano a soffrire per le radiazioni in aumento.
Towers decide di portare il suo sottomarino fuori delle acque territoriali australiane per affondare con il suo equipaggio, Holmes attenderà la fine accanto alla sua famiglia. Moira Davidson vedrà sparire il sottomarino all’orizzonte dopo di che deciderà di prendere la usa pillola e di morire con un ultimo sorso di cognac.

In questo riassunto del romanzo è difficile trasporre il rapporto dolce amaro tra i personaggi che l’autore è riuscito a creare, quel velo di tristezza che ammanta tutto anche quei momenti di serenità creati artificialmente nei vari momenti del libro. Una virgola un accento nel posto giusto e l’autore non fa mai dimenticare al lettore la tragedia di un mondo che sta morendo, impoverendosi di tutte le forme di vita che lo abitano e tutto ciò solo per fame di potere.

Dal romanzo sono stati tratti due film, di cui uno per la tv:
Il primo: L’ultima spiaggia (On the Beach) del 1959 diretto da Stanley Kramer, interpretato da Gregory Peck, Anthony Perkins, Fred Astaire e Ava Gardner.
Il secondo: L’ultima spiaggia (On the Beach) è un film per la TV del 2000 diretto da Russell Mulcahy, remake del film omonimo del 1959 diretto da Stanley Kramer.
Di quest’ultimo, prima di questa ricerca, non conoscevo la sua esistenza, posso scrivervi due righe sul primo di cui ho ancora vividi ricordi; l’atmosfera surreale del romanzo è trasferita sulla pellicola in maniera semplicemente stupenda il finale cambia leggermente ma non per questo rimane meno tragico.
Il film ha ricevuto due candidature ai Premi Oscar 1960 e ha vinto il Golden Globe per la migliore colonna sonora originale.
Nel 1959 il National Board of Review of Motion Pictures l’ha inserito nella lista dei migliori dieci film dell’anno.

pubblicato su Fantazone n° 30 – marzo 2015