Predator: Badlands

Predator: Badlands

Titolo originale:
Predator: Badlands
Paese: Stati Uniti d’America
REGIA Dan Trachtenberg
Anno: 2025
Produttore: 20th Century Studios
Casa di produzione: The Walt Disney Company

Interpreti e personaggi

Elle Fanning
Dimitrius Schuster-Koloamatangi
Reuben De Jong
Mike Homik
Stefan Grube
Rohinal Nayaran

 

Cameron Brown
Alison Wright
Matt and Ross Duffer

di Gabriele Manenti

Il cacciatore diventa protagonista

Con Predator: Badlands, il regista Dan Trachtenberg torna per la terza volta a esplorare il mondo degli Yautja, i leggendari cacciatori intergalattici,
ma questa volta lo fa da un punto di vista inedito: quello del Predator stesso.
Dopo Prey e Predator: Killer of Killers, distribuiti solo su Hulu, la saga torna finalmente sul grande schermo
con un’idea ambiziosa e sorprendentemente riuscita.

Il film segue Dek, un giovane Yautja esiliato dal proprio clan e costretto a sopravvivere su un pianeta ostile per dimostrare il suo valore.
È un classico racconto di formazione, ma filtrato attraverso lo sguardo di un alieno che lotta per trovare il proprio posto nel mondo,
in questo caso, nella galassia.

Trachtenberg usa questa struttura semplice per raccontare una storia universale di crescita, fratellanza e identità,
aggiungendo profondità emotiva a un franchise spesso dominato da sangue e caccia,
dimostrando la sua abilità nel costruire film essenziali ma curati.
Ogni scena è pensata con precisione, coerenza e piccoli dettagli, è cinema “da manuale”, semplice ma efficace,

Accanto a Dek troviamo Thia, un androide della Weyland-Yutani interpretato da Elle Fanning.
La sua ingenuità e bontà “programmata” si trasformano gradualmente in forza e determinazione, creando una coppia insolita ma affiatata.
Il rapporto tra i due è tenero e ironico, un tono decisamente nuovo per la saga.

Pur essendo il primo film PG-13 della saga, Badlands non rinuncia alla tensione e ai combattimenti brutali.
Le scene d’azione alternano ingegno e ferocia, con Dek che sfrutta l’ambiente per sopraffare creature aliene in modi sempre diversi.
Il pianeta stesso, popolato da flora e fauna letali, è uno spettacolo visivo affascinante,
anche se non sempre all’altezza dei modelli più ambiziosi come Avatar.

Un Predator diverso, ma fedele alle origini

Trachtenberg e gli sceneggiatori Patrick Aison e Brian Duffield tratteggiano Dek come un guerriero impetuoso ma vulnerabile,
desideroso di dimostrare il proprio valore e al tempo stesso incerto sul proprio posto nella cultura Yautja.
L’attore Dimitrius Schuster-Koloamatangi offre una performance sorprendentemente sfumata, rendendo Dek un personaggio credibile,
feroce ma umano.

Il film cita apertamente Prey e arricchisce la mitologia con nuovi elementi, come il Codice Yautja, le regole sacre che guidano i cacciatori.

Dan Trachtenberg porta la saga in una direzione più narrativa ed emotiva senza tradirne le radici,
ok non vediamo colonne vertrebali strappate e crani appesi old school ma con intelligebza
e cura va molto vicino ai sapori dell’ originale tracciando, forse, una nuova direzione al franchise.

Alien: Earth

Alien: Earth

Titolo originale:
Alien: Earth
Paese: Stati Uniti d’America
Anno: 2025 – in corso
Stagioni: 1
Episodi: 8
Produttore: Christine Lavaf, Chris Lowenstein, Darin McLeod, Kristy Reed
Casa di produzione: 26 Keys Productions, Scott Free Productions, FX Productions
Trasmissione ITA: Disney+

Interpreti e personaggi

Sydney Chandler: Wendy / Marcy Hermit
Alex Lawther: Joe Hermit
Timothy Olyphant: Kirsh
Adrian Edmondson: Atom Eins
Essie Davis: Dame Sylvia
Samuel Blenkin: Boy Kavalier

 

Babou Ceesay: Kumi Morrow
Adarsh Gourav: Slightly / Aarush Singh
Erana James: Curly
Lily Newmark: Nibs
Jonathan Ajayi: Smee
David Rysdahl: Arthur Sylvia
Diêm Camille: Siberian
Moe Bar-El: Benjamin Rashidi
Kit Young: Tootles / Isaac

di Gabriele Manenti

Una saga dove la “coerenza” è un’illusione.
Alien: Earth è una serie prequel ambientata nel 2120, due anni prima del primo film. La Terra è dominata da corporazioni in lotta per il controllo di nuove tecnologie e forme di vita. La protagonista è Wendy, un ibrido tra umano e sintetico, che si ritrova coinvolta dopo lo schianto di una nave Weyland-Yutani contenente misteriose creature aliene. La trama ruota intorno allo scontro tra ambizione scientifica, interessi corporativi e la minaccia rappresentata dagli xenomorfi, mentre Wendy affronta il dilemma della propria identità e del ruolo dell’umanità di fronte a queste forze.
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Chi segue da anni Alien lo sa bene: la timeline è un labirinto, dal debutto del capolavoro di Ridley Scott fino agli esperimenti di Prometheus e Covenant, la saga ha più volte riscritto sé stessa e con Alien: Earth, i fan si sono di nuovo divisi: c’è chi contesta l’ennesima “riscrittura” del mito degli Xenomorfi.
Ma ha davvero senso indignarsi? La continuity non è mai stata il cuore del franchise la timeline confusa è un problema che c’è sempre stato,
anzi è diventata la norma. Alien era ambientato nel 2122, con la Nostromo ignara dell’esistenza degli Xenomorfi.
Ma già Prometheus (2093) e Covenant (2104) hanno anticipato eventi che sembrano contraddire il film originale ma
con Alien: Earth, la situazione si complica: inizialmente si parlava di un’ambientazione “prima di Prometheus”.
poi lo showrunner della serie, Noah Hawley, ha indicato il 2179, epoca di Aliens per intenderci, e in realtà  la storia si colloca nel 2120,
appena due anni prima del film del ’79.
Cronologia portami via.

L’approccio di Hawley: meno fedeltà, più libertà creativa

“Noi pensiamo che Alien abbia una mitologia ricchissima, ma in realtà nei sette film c’è sorprendentemente poco di codificato” ha dichiarato Hawley.
L’obiettivo non è “riparare” la timeline, ma sperimentare. E questo manda in tilt le enciclopedie online dei fan, abituati a incasellare ogni dettaglio nella categoria del “canon”.
La domanda centrale è semplice: conta davvero la fedeltà assoluta, se la storia funziona?
La saga di Alien è sempre stata più un terreno di sperimentazione artistica che una mitologia da manuale.
Cameron trasformò l’horror claustrofobico di Scott in un action bellico.
Fincher osò con l’ambientazione cupa di Alien³.
Jean-Pierre Jeunet portò il franchise su territori visionari in Resurrection.
Alla fine nessuno ha mai seguito davvero una linea coerente, eppure ogni film ha aggiunto un tassello.

Qusta serie va oltre la tradizione e abbiamo le novità più sorprendenti:
Xenomorfi a quattro zampe davvero inquietanti sullo schermo,  ne vediamo un nuovo stadio del ciclo vitale
e abbiamo un ibrido synth capace di percepirli.
Una svolta narrativa che amplia le possibilità senza tradirne lo spirito, queste invenzioni non sono incoerenti: sono evoluzioni visive e tematiche, che mantengono viva la tensione e il fascino della saga.
La vera protagonista è l’evoluzione e non le regole.

Alla fine, ciò che ha reso Alien un classico è la capacità di reinventarsi.
Dalla maternità disturbante della Regina fino alle ossessioni dei synth, ogni generazione di registi ha usato lo Xenomorfo come metafora diversa.
Alien: Earth fa lo stesso: non si preoccupa di “preparare” la strada al film del ’79, ma racconta una storia autonoma, inquietante e visivamente potente.

La storia funziona, il resto non conta, forse.

aspettando Star Trek: Starfleet Academy

aspettando Star Trek: Starfleet Academy

 

di Michela Barotto

Mancano pochi giorni al Comic-Con di San Diego 2025 e iniziano ad arrivare un po’ di informazioni e fotografie della nuova serie di Star Trek, in arrivo nel 2026.

Sappiamo già che la serie racconterà di una nuova generazione di cadetti della Flotta Stellare, ma nel 32° secolo.
Dopo ciò che abbiamo visto in Star Trek: Discovery viene rifondata l’Accademia della Flotta Stellare, inattiva da 120 anni.
Lo spirito con cui i cadetti affrontano questa avventura è carico di speranza per il futuro.
Alex Kurtzman in una intervista dice: “Hanno un peso enorme sulle spalle e sono destinati a ristabilire e ricostruire tutto ciò che tutti conosciamo e amiamo di Star Trek”.

Alcuni nomi noti sono entrati a fare parte del cast.

Holly Hunter interpreta la protagonista della serie, il capitano e cancelliere dell’accademia.

Tatiana Maslany (avete visto She-Hulk: Attorney at Law vero?) apparirà come guest star ricorrente.

Vedremo il ritorno di Tig Notaro, Oded Fehr e Mary Wiseman, già nel cast di Star Trek: Discovery.

Anche Robert Picardo tornerà nei consueti panni del dottore.

E poi c’è Paul Giamatti, appassionato di Star Trek e con il segreto desiderio di interpretare un Klingon.
Sarà il cattivo di questa prima stagione ma per ora non ci sono dettagli sulla sua origine, guardando la foto promozionale possiamo solo ipotizzare che non sia terrestre, per il resto attendiamo maggiori dettagli, non solo su di lui ma anche tutti gli altri personaggi.

Di una cosa siamo sicuramente contenti, Kurtzman ha confermato che i Klingon faranno parte della serie; più precisamente, una “specie ibrida Klingon che comprende diversi dei nostri personaggi principali”. Potrebbe essere quello il ruolo specifico di Giamatti? “Potrebbe esserlo”, ha risposto Kurtzman. “Vedremo”.

Non mancheranno rimandi sia alle serie passate che a quelle di più recente produzione, e la storia rifletterà il mondo attuale, con le sue peculiarità e le sue criticità, come è sempre stato per le varie incarnazioni di Star Trek.

Non resta che attendere cosa uscirà dal panel Star Trek al Comic-Con di San Diego 2025 e sperare che il 2026 arrivi velocemente e con esso le prime puntate di Star Trek: Starfleet Academy.

Credits: Entertainment Weekly

Kronos One 2025

Kronos One 2025

di Michela Barotto

KRONOS ONE 2025: Un’indimenticabile edizione della nostra convention klingon!

Quest’anno, la grande squadra di I.K.S. ha dato il massimo, portando in scena un’esperienza a tema klingon che ha lasciato il segno all’interno della Starcon, l’evento che ci ospita ogni anno.
Per tre giorni, al Palazzo del Turismo di Bellaria-Igea Marina, appassionati e visitatori hanno potuto immergersi nella cultura del popolo di Qo’noS, vivendo momenti di divertimento, apprendimento e scoperta.

Grazie all’impegno di Davide, abbiamo avuto l’opportunità di insegnare la lingua klingon ai terrestri, creando un ponte tra le nostre culture.

Alessio ha guidato lezioni pratiche di combattimento con la bat’leth, coinvolgendo adulti e ragazzi in un’esperienza unica di abilità e tradizione klingon.

Michela e Alessio hanno affrontato con entusiasmo lo spinoso tema dell’evoluzione estetica dei Klingon, dalla serie classica a Discovery e oltre, stimolando riflessioni e curiosità tra i partecipanti.
Inoltre, in veste di autori e presentatori di The Klingon Chronicles, hanno incontrato il pubblico, condividendo dettagli sul progetto e rispondendo alle domande dei fan più appassionati.

Massimiliano e Gabriele hanno invece portato in scena costumi e prop klingon realizzati con passione e grande maestria, regalando agli spettatori un vero spettacolo visivo.

Una delle novità di quest’anno è stata l’esposizione dell’unità di contenimento per i triboli, uno degli animali più temuti dai Klingon, affiancata da altri esemplari come il targ, il d’blok e il glommer, offrendo un’occhiata più approfondita alla fauna di Qo’noS.

Il tutto realizzato artigianalmente dalle sapienti mani dei soci di Italian Klinzha Society, che da anni si impegnano a presentare nuove creazioni per stupire e divertire.

 

Le attività ludiche organizzate dalla Italian Klinzha Society hanno coinvolto sia veterani che nuovi appassionati: dal tradizionale Klinzha, ai temerari de La Sfida Klingon, fino all’esposizione del concorso di Fantamodellismo, che ha visto i visitatori votare i modelli preferiti.

 

La Sfida Klingon è stata vinta dalla vulcaniana Manu Shatner (Emanuela Farronato), mentre i vincitori del concorso di Fantamodellismo sono stati Fabio Pregnolato, per la categoria “Kit di montaggio”, e Roberto Zocca, per la categoria “Autocostruito”.

Ringraziamo la Starcon per l’ospitalità e per averci dato l’opportunità di condividere cultura e intrattenimento con un pubblico sempre più appassionato.
La serata di sabato, come da tradizione, è stata dedicata soprattutto alla sfilata dei costumi, con un concorso che ha celebrato la creatività dei partecipanti.

La Starcon però non è solo attori e divertimento ma anche solidarietà e beneficienza.
Le molte attività organizzate, tra cui la pesca di beneficienza e l’asta di oggetti sci-fi, hanno permesso di raccogliere fondi da destinare a due diverse cause: un aiuto ad una famiglia di soci STIC-AL di Bologna fortemente colpita dall’alluvione dell’autunno 2024, e un sostegno per Champ1 Foundation, un’associazione che assiste le famiglie dei bambini affetti da una mutazione sul gene CHAMP1 e supporta la ricerca su questa malattia molto rara.
www.champ1foundation.eu/5×1000/

Un’altra edizione di successo che ci ha ricordato quanto sia forte il legame tra la nostra passione e l’universo di Star Trek. Alla prossima avventura!

Star Trek: Section 31

Star Trek: Section 31

Titolo originale:
Star Trek: Section 31

Lingua originale: inglese
Paese: USA
Anno: 2025
Durata: 95 min
Regia: Olatunde Osunsanmi
Sceneggiatura: Craig Sweeny
Produttore: Ted Miller, Dana N. Wilson
Casa di prod.: Secret Hideout, Roddenberry Ent., CBS Studios
Distrib. (Italia): Paramount+

Interpreti e personaggi

Michelle Yeoh: Philippa Georgiou
Omari Hardwick: Alok Sahar
Kacey Rohl: Rachel Garrett
Sam Richardson: Quasi

 

Sven Ruygrok: Fuzz
Robert Kazinsky: Zeph
Humberly González: Melle
James Hiroyuki Liao: San

di Alessio Candeloro

L’imperatrice è tornata! Lunga vita all’Impero! La Sezione 31 è tornata! Lunga vita alla Sezione 31!
Scusate. Dopo le prime immagini, la nascita di Georgiu come Imperatrice mi sono uscite le due frasi spontaneamente. Alla fine del film, questa formula della Sezione 31 non mi è dispiaciuta per niente. Certo, non hanno la classe di Sloane (gran personaggio della Sezione 31 di DS9) però, in questo contesto è una gruppo che funziona. La trama non mi è dispiaciuta. E anche il finale ha il suo perché. Non rovina assolutamente ciò che sappiamo dell’universo dello Specchio del periodo DS9. Rachel Garrett mi è piaciuta molto. Il suo grado mi conferma il periodo storico a cui avevo pensato.
Grandissimo il capo della squadra (che condivide lo schermo con l’imperatrice in maniera impeccabile secondo me).
E la sua storia sì unisce ad un altro famoso gruppo della storia Trek, i Potenziati.

Cosa mi è piaciuto meno?
Perché non può mai essere tutto perfetto o come lo vorremmo.
La data stellare, unico riferimento temporale dello svolgere della storia (viene anche citato il 2257 come l’ultima volta che era apparsa l’imperatrice) è più vicino alle avventure di Kirk della TOS piuttosto che al periodo in cui è vissuta Garrett. Secondo me, data stellare buttata lì.
Il tempo sullo schermo concesso alla Deltana è stato, secondo me, troppo breve. Finalmente un’altra esponente di quella razza dai tempi di TMP e la bruci in quel modo. Peccato.

Sentir chiamare il “distributore di missioni” con il nome “Controllo” mi ha fatto venire i brividi. Letteralmente. Perchè mi ha riportato a “Controllo” di Discovery. E nel finale di quella stagione si diceva che la Sezione 31 sarebbe stata riorganizzata. Quindi quel nome doveva sparire. Peccato anche qui.
Il finale invece mi è piaciuto con la formazione della nuova squadra, con l’apparizione di Jamie Lee Curtis (grande acquisto per l’universo Trek), e con quel “nuova missione” che mi fa sperare in un secondo film se non, come vorrei, l’inizio di una saga di 3-4 film targati “Sezione 31”.
Quindi, come dicevo prima: La Sezione 31 è tornata! Lunga vita alla Sezione 31!

Ultimo pensiero.
Certo, il classico Star Trek con ufficiali federali, navi con sezione a disco e gondole di curvatura non si vede, come non si vedono gli ufficiali della Flotta che risolvono la situazione con aggiunta di principi e morale dei buoni (come è giusto che sia quando la storia la raccontano dal loro punto di vista). Ma secondo me la morale, la positività, le redenzione, il fare la cosa giusta e la filosofia tutta vulcaniana “L’esigenza dei molti, conta più di quella dei pochi” ci sono tutte. Basta guardare attentamente.
Per me voto 9!
😊🖖😊🖖

di Michela Barotto

Ho visto Section 31 il giorno stesso dell’uscita in streaming.
Volevo scriverci una recensione, ma mi ero data l’impegno di scriverla solo dopo una seconda visione.
C’è stato però un problema, non avevo nessuna voglia di rivedere quel film!
Per questo ho impiegato tanto tempo per scrivere questo articolo, e il film non l’ho rivisto, magari lo farò fra qualche mese, a bocce ferme e mente libera.

Alla fine della prima visione avevo in mente una sola domanda: ma perchè?!?
Coscientemente non coltivavo grandi aspettative, avevo visto un trailer e si capiva abbastanza bene che genere di film sarebbe stato: azione e grandi scene erano protagonisti, e mi poteva anche andare bene.
Non ho mai osteggiato l’idea di una sezione segreta nella Federazione Unita dei Pianeti, solo che qui i membri di Sezione 31 sembrano più la Suicide Squad (lo so, non è un paragone molto originale, siamo stati in parecchi ad avere questa impressione).

L’incipit è interessante e ci fa capire come Philippa è diventata imperatrice, cosa ha dovuto affrontare e cosa ha sacrificato, in che società è nata e cresciuta.
Poi la storia si fa debole e abbastanza prevedibile, i dialoghi sono poco consistenti e i personaggi per nulla accattivanti. Alla fine del film non ricordavo nessuno dei loro nomi, a parte la nota Imperatrice Philippa Georgiu, che ho apprezzato molto di più nella serie Star Trek Discovery.
A dispetto del titolo nel film, la Sezione 31 è la grande assente, relegata a semplice espediente per mettere insieme una squadra di personaggi improbabili e poco approfonditi a cui dare una missione altrettanto improbabile (era davvero necessario inserire una giovane Rachel Garrett?).
E’ mancata a mio parere l’essenza stessa della Sezione 31, un’agenzia segreta che “non esiste”, che agisce elegantemente in secondo piano, senza che tu ti accorga di nulla.
E invece ne è uscito una storia fracassona.
E’ evidente che sia stata (malamente) condensata in un’ora e mezza un’idea nata per una mini serie; il finale è aperto tanto da sembrare un pilot.
Forse sperano in un sequel?
Spiazzante la colonna sonora, molto vicina al nostro tempo come genere e stile.
Una scelta che non condivido ma che non è tra le peggiori prese per questo film.
La regia è parsa confusa.
In conclusione, con una storia che sarebbe brutta anche per un film di serie B difficilmente si raggiungono nuove generazioni di spettatori e allo stesso tempo si scontenta il fandom storico. Eh no, non basta un cameo spettacolare sul finale per salvare capra e cavoli.
Un’occasione mancata.

P.S. Ringrazio Marzia Trapolino per la sua osservazione sul nome adottato da Philippa nella veste di proprietaria di un locale notturno: “Se Véronique du Frank è un omaggio, sono già innamorata 🥰 (Veronica Franco era la più famosa cortigiana veneziana del 1500)”.
Una coincidenza? …io non credo…

Alien: Romulus

Alien: Romulus

Titolo originale:
Alien: Romulus

Lingua originale: inglese, ASL
Paese: USA
Anno: 2024
Regia: Fede Álvarez
Sceneggiatura: Fede Álvarez, Rodo Sayagues
Produttore: Ridley Scott, Michael Pruss, Walter Hill
Casa di produzione: 20th Century Studios,

Interpreti e personaggi

Cailee Spaeny: Rain Carradine
David Jonsson: Andy
Archie Renaux: Tyler
Isabela Merced: Kay

 

Spike Fearn: Bjorn
Aileen Wu: Navarro
Trevor Newlin: Xenomorfo
Robert Bobroczkyi: Offspring

di Gabriele Manenti

Ambientato tra il primo e il secondo capitolo della saga questa pellicola che rimane a se stante e non sarà la prima di molte a detta dei produttori, ma ” mai dire mai” è un concentrato di citazioni e rimandi che sono tutt’altro che forzati ma piacevolmente ben inseriti.

La protagonista Rain parte insieme a un gruppetto di amici per il recupero di un relitto fluttuante nello spazio, ma per loro sfortuna proprio quel vascello tempo addietro recupera nello spazio circostante la Nostromo, si quella nave… un bozzolo fluttuante che conteneva uno xenomorfo.

Potete immaginare come continui la storia però il regista riesce a gestirla dando ampio respiro al rapporto tra i protagonisti e il loro desiderio di sfuggire ad una realtà asfissiante e cupa fatta di lavoro e stenti, il tutto rappresentato da atmosfere all Gigger,
chiariscuri e tenebre che nascondo tutto e fanno esaltare le luci ei colori saturi della pellicola in maniera quasi alienante,
rappresentando un tipo di fantascienza già conosciuta, vedi Atmosfera Zero su tutti, che non risulta stucchevole ma accomodante.

La voglia di riscatto e di ribellione allo status quo è il classico canovaccio che da il via alla storia, che pur non essendo originale diverte e non annoia e solo sul relitto si svela aumentandone il ritmo.

Le dinamiche e la fotografia sul vascello sono quelle che fanno da firma al franchise, ombre, sagome e colpi di scena con
sistemi di condotti d’aria, manganelli stordenti, sensori di movimento, un sintetico morto, dei lanciafiamme e una buona dose di “splatter computer graphic” ed effetti old school un chiaro omaggio alla pellicola originale di Ridley Scott.

Quindi?

Ci sono gli xenomorfi, un equipaggio da fare a pezzi, la Nostromo, la “Corporation” e una eroina cazzuta, direi che la ricetta nella sua semplicità è riuscita facendomi venir voglia di un rewatch della saga!
Ovviamente escludo i Prometeus e il suoi sequel, troppo distanti a mio parere dal vero dna del franchise.